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Category: Oro LBMA

L’INFLAZIONE SALE –  La curva dei tassi si inverte: recessione in vista?

L’INFLAZIONE SALE – La curva dei tassi si inverte: recessione in vista?

LORENZO MAGNANI – 14 07 2022

La curva dei rendimenti del Tesoro statunitense ha registrato mercoledì la più grande inversione dal novembre 2000

Dopo i dati sull’inflazione di giugno, l’inversione della curva dei rendimenti statunitense ha raggiunto un livello l’ultima volta visto nel 2000

Le inversioni della curva dei rendimenti sono considerate dagli analisti come anticipatrici di recessioni

I timori che l’economia più grande del mondo sia prossima alla recessione si fanno sempre più intensi. Negli Stati Uniti infatti l’inflazione corre imperterrita e alla Fed non rimane che alzare ancora i tassi, con il rischio di mettere a repentaglio la crescita economica del Paese. O perlomeno così si aspetta il mercato. La curva dei rendimenti dei Treasury americani ha infatti registrato la più grande inversione dal 200: i titoli a breve termine, oggi, pagano di più di quelli con scadenza decennale.

Spread 2/10 anni ai massimi dal 2000

Le aspettative che la Fed aumenti i tassi di 100 punti base, più dei 75 bps prezzati martedì, in occasione della riunione del 26-27 luglio, sono nate dopo un rapporto del governo che ha mostrato che il tasso di inflazione annuale degli Stati Uniti ha raggiunto a giugno un livello che non si vedeva in 40 anni. E così, stando ai dati di Refinitiv, l’inversione della curva dei rendimenti statunitensi a 2 anni/10 anni ha accelerato mercoledì fino a 24,40 punti base, il massimo dell’inversione in quasi 22 anni. I rendimenti a due anni degli Stati Uniti, che riflettono le aspettative sui tassi di interesse, sono saliti a un massimo di quattro settimane del 3,215%, a fronte di rendimenti a dieci anni, in aumento di 9 punti base, che sono arrivati a pagare il 2,995%.

I dati del Dipartimento del Lavoro hanno mostrato che l’indice dei prezzi al consumo degli Stati Uniti è balzato del 9,1% a giugno, il più grande aumento in più di quattro decenni. Su base mensile, l’aumento dell’indice principale è stato dell’1,3%. Il cosiddetto CPI “core”, che esclude i prezzi volatili di cibo ed energia, è invece salito al 5,9% su base annua.

Recessione sempre più probabile

“Si tratta di una situazione difficile per la Fed, costretta a reagire a questi forti dati sull’inflazione per evitare che le aspettative salgano troppo”, ha dichiarato al Nasdaq Brian Smedley, capo economista e responsabile della ricerca macroeconomica e di investimento di Guggenheim Partners a New York. “Allo stesso tempo, gli indicatori previsionali sulle prospettive economiche si sono rapidamente deteriorati. L’escursione aggressiva dei tassi sta portando verso un rallentamento economico”. Dello stesso avviso è Bank of America, i cui economisti, in una nota mercoledì hanno dichiarato di aspettarsi che gli Stati Uniti entrino in una “lieve recessione” quest’anno, evidenziando come i dati in arrivo indicano un rallentamento dello slancio dell’economia e che l’inflazione ostacolerà la spesa dei consumatori. Giovedì verranno pubblicati i dati dell’IPP (indice dei prezzi alla produzione) di giugno, su base mensile e annuale, e dell’IPP, insieme ai i dati sulla disoccupazione.

Sulla base dei futures sui fed funds statunitensi, il FedWatch di Refinitiv ha stimato una probabilità del 54% di un rialzo di 100 punti base alla riunione della Fed di fine mese, in forte aumento rispetto dallo 0,2% stimato prima della pubblicazione dei dati sull’inflazione. Il FedWatch del CME, invece, ha calcolato una probabilità ancora più alta, pari all’82%, rispetto al 7,6% di martedì.

FONTE:

BAIL-IN E PICCOLE BANCHE – A rischio fino a 283 istituti

L’estensione del bail-in anche alle piccole banche, indicata dall’Eurogruppo, implicherebbe maggiori richi sui correntisti: a rischio fino a 283 banche

La volontà politica dei ministri delle Finanze europee è stata tracciata: il bail-in e la relativa procedura di risoluzione per le banche in crisi, dovrà essere ampliato “anche per le banche di piccole e medie e dimensioni”

Secondo un’analisi condotta dall’Eba l’estensione delle normative attuali sulle risoluzioni alle banche medio piccole esporrebbe, potenzialmente, i correntisti di 283 banche su 368 analizzate, con 123,7 miliardi di euro di depositi

Per il momento, dunque, bisogna farsi bastare i calcoli condotti dall’Eba su richiesta della Commissione Ue, contenuti in un rapporto intitolato “Call for advice regarding funding in resolution and insolvency”, basati sui bilanci di fine 2019.

Nello scenario base di tipo “descrittivo”, aveva scritto l’Eba, i correntisti di 96 istituti (sui 368 analizzati) avrebbero potuto subire un bail-in, per un ammontare complessivo di 18,3 miliardi di euro: “per queste entità un supporto degli schemi di garanzia dei depositi è raramente possibile”. I numeri si fanno decisamente più consistenti “per lo scenario in cui le riserve di capitale di una banca sono esaurite”, ossia uno scenario “più realistico” che ipotizza che si verifichi un depauperamento di capitale “nel periodo precedente la risoluzione della crisi”. In questo secondo scenario a subire perdite sarebbero, potenzialmente, i correntisti di 283 banche su 368 analizzate, con 123,7 miliardi di euro di depositi colpiti.

I rilievi di Visco sull’estensione del Bail-in alle banche medio piccole

Nel corso del suo intervento all’assemblea annuale Abi il governatore Visco, aveva preso atto che, per il momento, il percorso dell’unione bancaria europea non affronterà il nodo del “sistema unico di assicurazione dei depositi” comune, in quanto “non è possibile arrivare a un compromesso fra le posizioni degli Stati membri”. Così, lo scorso 24 giugno, l’Eurosummit ha dichiarato che gli sforzi normativi futuri si concentreranno sulla revisione “in materia di gestione delle crisi bancarie”.

La normativa oggi in vigore ancora non offre strumenti efficaci per le banche medio-piccole, che restano escluse dall’ambito di applicazione delle risoluzioni. Al momento, quando gli istituti di piccole dimensioni finiscono in crisi sono destinati “alla liquidazione atomistica, inadatta ad assicurarne un’ordinata uscita dal mercato”, aveva detto Visco.

Sull’inclusione delle banche medio piccole nello schema delle risoluzioni che prevede, fra le altre cose, il bail-in, restano da definire dettagli cruciali fra cui “il novero di banche che rientrerebbero nell’ambito della risoluzione”, aveva precisato il governatore di Bankitalia.

In caso di risoluzione le banche medio piccole, “data la loro limitata capacità di collocare capitali, l’applicazione del bail-in anche nella nella misura minima dell’8% del complesso delle passività necessarie per accedere al Fondo unico di risoluzione, finirebbe per colpire i depositanti, oltre ai creditori senior”.

Uno degli auspici espressi da Bankitalia è che l’ampliamento del meccanismo delle risoluzioni per le banche medio piccole si accompagni a una riduzione della quota di bail-in necessaria per far scattare l’accesso al Fondo di risoluzione – fatto che metterebbe al riparo almeno una parte dei correntisti potenzialmente esposti. “Queste considerazioni trovano conferma nell’analisi di impatto condotta lo scorso anno dall’Autorità bancaria su richiesta della Commissione”. Le “prime stime della Banca d’Italia confermano che, in caso di estensione del perimetro della risoluzione, per le banche italiane meno significative sarebbe problematico l’obbligo di rispettare il bail-in minimo richiesto dalle attuali norme europee senza imporre perdite per i depositanti”.

L’auspicio, è che si possa raggiungere, anche attraverso una revisione delle regole sugli aiuti di Stato per le banche in difficoltà un corretto bilanciamento fra “stabilità finanziaria e tutela della concorrenza”. Sul tema la Commissione europea ha già lanciato una consultazione pubblica.

FONTE:

BAIL-IN E PICCOLE BANCHE – A rischio fino a 283 istituti
ORO A 2.500 DOLLARI L’ONCIA – Entro fine anno secondo Goldman Sachs

ORO A 2.500 DOLLARI L’ONCIA – Entro fine anno secondo Goldman Sachs

Due shock spiegano l’attuale trend piatto del lingotto. C’è poi l’effetto del renminbi e del dollaro. Una risalita in ritardo | L’oro scende ai minimi da febbraio

L’oro è stato colpito da uno “shock ricchezza” e da uno “shock paura”. Mentre la maggior parte degli operatori del mercato riconosce la debolezza degli investimenti nel lingotto dovuta a tassi di interesse americani più elevati, gli analisti di Goldman Sachs ritengono che il sell-off sul metallo giallo di questo trimestre sia correlato a un renminbi più debole influenzato a sua volta dalle misure di lockdown imposte all’economica del Dragone. Anche le altre valute dei mercati emergenti sono sotto pressione un po’ per la crisi alimentare ed energetica e un po’ per l’incremento dei tassi negli Stati Uniti. “Nel complesso, il secondo trimestre ha visto la contrazione più marcata per l’economia dei mercati emergenti dallo scoppio della pandemia del 2020” riferiscono gli analisti, aggiungendo che l’effetto negativo sull’oro è stato amplificato da una liquidazione di futures a breve termine e di etf, maggiormente esposti alle fluttuazioni del dollaro. Lo scenario muta però quando sul trend dei tassi reali pesa la “paura” di una recessione nei mercati sviluppati, che “è uno scenario ideale per chi vuole investire in oro, a nostro avviso”.

Due forze in azione

“Ci aspettiamo che l’oro salga a 2.500 dollari entro la fine di quest’anno”, prevedono a Goldman Sachs. In particolare, “riteniamo che 150 dollari di tale incremento siano da ricondurre all’effetto ricchezza, 400 dollari all’effetto paura e 150 dollari alla maggior domanda delle Banche centrali”. La paura degli investitori ha portato a un incremento di quasi 200 tonnellate degli acquisti di oro tramite etf. Nel primo trimestre l’aumento della domanda della Banca centrale russa è stato di 85 tonnellate, leggermente al di sotto del dato dello scorso anno pari a 117 tonnellate.

Contestualmente, gli esperti riconoscono che c’è poca trasparenza sugli acquisti di Mosca. Tuttavia, il potere di acquisto del pil dei mercati emergenti nel secondo trimestre è calato di quasi il 10%. “Le 200 tonnellate di acquisti tramite etf e lo shock del 10% si compensano nel nostro modello e questo spiega perché l’oro ha avuto un trend piatto da inizio anno”, aggiungono gli analisti di Goldman Sachs.

Le ultime decisioni delle Banche centrali stanno alimentando i timori degli investitori facendoli optare sull’investimento in oro. Altri rialzi dei tassi durante l’estate comporterebbero un ulteriore inasprimento delle condizioni finanziarie e maggiori pressioni sulla crescita statunitense. In sostanza, “noi crediamo che uno scenario rialzista dell’oro sia stato semplicemente ritardato piuttosto che deragliato. Manteniamo, quindi, la nostra previsione al rialzo sulla materia prima ma prevediamo un ritardo nell’aumento del prezzo. Rivediamo le nostre stime a 3, 6 e 12 mesi a 2.100, 2.300 dollari e 2.500 dollari l’oncia, da 2.300, 2.500 e 2.500 dollari l’oncia”, indicano gli esperti di Goldman Sachs.

Il renminbi funge da proxy in termini di “effetto ricchezza” sull’oro. I lockdown cinesi hanno avuto un notevole impatto sulla domanda spot di oro, con le vendite di gioielli del Paese scese del 30% su base annua ad aprile. Inoltre, la Banca centrale cinese ha consentito un deprezzamento della valuta per alleggerire le condizioni finanziarie. Con la caduta del renminbi, il lingotto è andato ancora più giù. Gli economisti hanno abbassato la previsione sul pil cinese per il 2022 al 4% dal 4,3% e si aspettano una ripresa della crescita nella seconda metà dell’anno guidata anche da una migliore gestione dei focolai da Covid.

Un dollaro più forte, invece, danneggia l’oro riducendo il potere d’acquisto dei suoi consumatori. La quota del Dragone sugli acquisti globali al dettaglio della materia prima è del 33% e la quota di consumatori asiatici, le cui valute sono influenzate dal renminbi, è quasi il 70%. Da Goldman Sachs rilevano anche un’elevata sensibilità dell’oro al baht thailandese: “tale valuta funge da proxy per la domanda complessiva nella regione dell’Asean (Associazione delle Nazioni del Sud-Est asiatico)”, spiegano a Goldman Sachs.

Nei periodi di forte apprezzamento del dollaro, il lingotto inizialmente segue un trend al ribasso per poi rimbalzare anche se la divisa americana rimane forte. Questo dimostra che con uno “shock ricchezza” è in genere un buon momento per acquistare oro per gli investitori di medio termine in quanto il prezzo sottostima il valore dell’asset. Nel momento in cui i consumatori smettono di investire in oro optando per una maggior liquidità, la minor domanda che ne consegue di rado è strutturale: “in altre parole, non crediamo che la debolezza dell’oro cinese di aprile sia la nuova normalità”.

Uno scenario simile a quello del 2018

Gli analisti ritengono che la crescente paura tra gli investitori farà salire l’oro proprio come accaduto nel 2018-2019, infatti le attuali dinamiche di mercato assomigliano a quelle di quattro anni fa, in cui il primo semestre vide una forte svendita del lingotto guidata dallo shock della guerra commerciale Usa-Cina e del picco dei prezzi dell’energia. Durante quel sell-off, il bene rifugio si è mosso in linea con il ribasso del renminbi. Nella seconda parte dell’anno, invece, il focus si è spostato sul rallentamento della crescita degli Usa, sulla politica da falco della Fed e sui minor rischi di guerra commerciale: scenario che ha portato il lingotto a un rimbalzo fino a raggiungere nuovi massimi all’inizio del 2019. “Ci aspettiamo un trend simile questa volta in vista di un periodo di sostanziale debolezza della crescita statunitense nel 2023”, continuano a Goldman Sachs.

Gli acquisti delle Banche centrali

La domanda delle banche centrali è ancora sulla buona strada per raggiungere l’obiettivo di 750 tonnellate di oro quest’anno. Nel primo trimestre la domanda è stata stimata in 84 tonnellate dal World Gold Council (WGC), ma senza considerare gli acquisti russi. Tale performance è stata influenzata negativamente dal dollaro, la cui forza influisce sulla domanda delle Banche centrali dei mercati emergenti che valutano la portata degli acquisti in relazione al supporto necessario da dare alle loro valute. Per esempio, da inizio anno la Banca centrale indiana ha dovuto attingere alle sue riserve per difendere la sua divisa da un deprezzamento.

Quest’anno Goldman Sachs si aspetta che Mosca acquisisca, circa 300 tonnellate, mentre le altre autorità centrali ne acquisteranno circa 450 tonnellate o addirittura 117 tonnellate per trimestre. Secondo un sondaggio del World Gold Council sempre più autorità centrali prevedono di aumentare le loro disponibilità di oro nei successivi 12 mesi. Al momento la Russia si trova a fare i conti con una situazione di surplus di dollari e, date le scarse chance di investimenti in attività estere, l’acquisto di oro entro i confini nazionali sembra l’unica opzione per prevenire una forza sproporzionata del rublo. La Cina, invec,  comunica a distanza di anni il livello delle sue attività di acquisto di oro: in questo caso la correlazione tra la materia prima e l’oro comporterebbe che il peso del Dragone sulla domanda globale sia decisamente maggiore. Il lockdown imposto a Shanghai ha comportato uno shock che, a detta degli analisti, ha toccato il picco e la domanda di oro dovrebbe rimbalzare nei mercati emergenti nella seconda metà dell’anno. “Riteniamo che le previsioni della nostra banca centrale sull’oro nel 2022 siano ancora valide, a condizione che il dollaro rimanga stabile”. (riproduzione riservata)

di Antonella Ladisi

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L’ORO – Accelera al rialzo

Ultima seduta di settimana col botto per l’oro che accelera al rialzo

Dopo che per tutta la settimana le quotazioni dell’oro sono rimaste come bloccate, venerdì sono esplose al rialzo. Quindi, ultima seduta di settimana col botto per l’oro che accelera al rialzo, quali sono le motivazioni alla base di questo movimento?

Secondo gli esperti del mercato delle materie prime, il prezzo dell’oro è salito nel fine settimana dopo che l’ultima lettura dell’inflazione statunitense ha mostrato un nuovo massimo degli ultimi 41 anni.

Le quotazioni dell’oro sono state praticamente immobili per tutta la settimana, oscillando in una fascia ristretta, ma sono riuscite a registrare forti guadagni nel corso della seduta di venerdì, quando sono stati pubblicati importanti dati macroeconomici molto attesi dai mercati. Gli investitori, quindi, sono rimasti in disparte, attenti alle indicazioni in arrivo da svariate variabili economiche, come la politica monetaria, i dati sull’inflazione o quelli sul PIL delle principali economie. A contenere parzialmente il rialzo dell’oro è stato il rafforzamento del dollaro.

Ultima seduta di settimana col botto per l’oro che accelera al rialzo: le indicazioni dell’analisi grafica

L’oro (prezzo in tempo reale) ha chiuso la seduta del 10 giugno in rialzo dell’1,23% rispetto alla seduta precedente, a quota 1.850,2 dollari. La settimana, invece, si è chiusa con un rialzo dello 1,37%.

Time frame giornaliero

Era da metà maggio che le quotazioni dell’oro si appoggiavano da un lato al forte supporto in area 1.846 dollari e dall’altro erano contenute dalla forte resistenza in area 1.869,3 euro. Con la seduta di venerdì questo livello è stato finalmente rotto con decisione. Tuttavia è necessaria una conferma nelle prossime sedute. Di buon auspicio sarebbe una chiusura giornaliera superiore a 1.883,7 dollari. In questo caso ci sarebbero elevatissime probabilità di raggiungere area 1.907 dollari (II obiettivo di prezzo). Una chiusura giornaliera, poi, superiore a questo livello farebbe scattare l’allungo verso la massima estensione in area 1.968 dollari.

Qualora, invece, la rottura dovesse essere negata allora si potrebbe tornare al ribasso.

oro

Time frame settimanale

Niente da aggiungere a quanto scrivevamo settimana scorsa

“Movimento da manuale per l’oro sul time frame settimanale. Dopo avere rotto al ribasso il supporto in area 1.825,8 dollari, le quotazioni hanno immediatamente recuperato e confermato il recupero alla fine della settimana appena conclusasi. Lo scenario mostrato con la linea tratteggiata, quindi, è diventato molto più probabile. Un’ulteriore conferma in tal senso si avrebbe con una chiusura settimanale superiore a 1.910 dollari. In questo caso l’obiettivo più probabile si potrebbe andare a collocare in area 2.110 dollari. Gli obiettivi successivi, invece, sono quelli indicati nel riquadro rosso.

Una chiusura settimanale inferiore a 1.825,8 dollari farebbe nuovamente tornare al ribasso la tendenza in corso”.

oro

FONTE:

L’ORO – Accelera al rialzo
LE BANCHE CENTRALI – Non si fidano di sé stesse e comprano oro

LE BANCHE CENTRALI – Non si fidano di sé stesse e comprano oro

Le riserve di oro delle banche centrali continuano a crescere. I dati parlano chiaro: i governatori diffidano delle loro stamperie di denaro.

di , pubblicato il 

Già superata quota 100 e non stiamo parlando di pensioni. Nei primi quattro mesi dell’anno, le banche centrali nel mondo hanno acquistato 103,4 tonnellate nette di oro. Nel solo mese di aprile, gli acquisti sono stati per 19,4 tonnellate. Si è distinto particolarmente l’Uzbekistan con 8,7 tonnellate, seguito dal Kazakistan con 5,3 tonnellate. Insieme, fanno quasi i tre quarti del dato mensile. Continua a puntare sulle riserve auree anche la Turchia con 5,6 tonnellate, portando gli acquisti dei primi quattro mesi a 42,6 tonnellate. Tra i venditori netti, invece, troviamo a sorpresa la Germania con -0,9 tonnellate. Seguono Messico e Repubblica Ceca, entrambi a -0,1 tonnellate.

Corsa all’oro delle banche centrali

Lo scorso anno, gli istituti avevano aumentato le loro riserve auree di 463 tonnellate, un dato in crescita dell’8,2% sul 2020. Nell’anno della pandemia, si era registrata una forte decrescita, probabilmente legata al boom dei prezzi. Il 2018 e il 2019, invece, si erano caratterizzati per dati record nell’ultimo mezzo secolo con acquisti netti rispettivamente a 656,2 e 650,3 tonnellate. Il dato del 2018 è stato anche il secondo più alto nella storia.

Sta di fatto che le banche centrali risultano avere aumentato le riserve di oro di 5.692 tonnellate in 12 anni di acquisti netti consecutivi. Praticamente, dall’indomani della crisi finanziaria mondiale iniziarono a puntare sul metallo, contrariamente al trend dei decenni precedenti. E non è un caso che sia avvenuto proprio dopo il 2008-’09. Le loro stamperie di denaro dal nulla hanno creato le condizioni perfette per generare una gigantesca bolla finanziaria, caratterizzata da alti valori azionari e obbligazionari, spesso slegati dai fondamentali.

Dalla fine di Bretton Woods nel 1971, le economie occidentali sembrano avere smarrito il significato intrinseco di carta-moneta.

Cresce la sfiducia verso il sistema finanziario

E proprio questo dato svela la principale ragione per la quale molti istituti starebbero accorrendo a comprare oro. Hanno perso la fiducia nel sistema finanziario internazionale “dollaro-centrico”. Poiché la Federal Reserve stampa biglietti verdi senza più grande attinenza con l’economia americana, al fine di tenere bassi i costi del crescente debito pubblico e privato, una parte sempre più grande del pianeta si chiede se il dollaro abbia realmente valore e, soprattutto, se lo avrà anche in futuro. In pratica, una parte delle banche centrali stampa moneta e un’altra reagisce aumentando le tonnellate di oro tra le riserve, così da non trovarsi impreparata dinnanzi a un possibile cambio di scenario nei prossimi decenni.

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ASSALTO IN VILLA – I banditi portano via i lingotti d’oro vinti al Gratta&Vinci

La notte scorsa, tre malviventi lo hanno atteso nel giardino di casa. Pistola in pugno, lo hanno sequestrato insieme alla sua compagna. Tutti e due trentenni. Per un’ora i banditi hanno rovistato in casa, a caccia del tesoro. Non si può dire che sia andata male: hanno trovato otto chili d’oro, in parte in lingotti e in parte in preziosi, più denaro contante. Come bottino, meglio del caveau di una banca, vista la facilità del colpo: 500 mila euro.

Adesso indagano i carabinieri di Pinerolo. Il colpo è avvenuto intorno all’una. I rapinatori, dopo aver fatto razzie nelle stanze, hanno rinchiuso la coppia in uno sgabuzzino. Appena i due sono riusciti a liberarsi, hanno dato l’allarme chiamando il numero di emergenza. In pochi minuti sono scattati posti di blocco. La zona è isolata e le strade che dalla Val Pellice collegano Pinerolo e portano a Torino sono facilmente controllabili. Gli investigatori hanno interrogato a lungo la coppia e raccolto indizi all’interno della villa. «Non erano italiani. Direi che dal loro accento fossero romeni» ha detto l’uomo ai carabinieri. Di certo i tre indossavano passamontagna e guanti di lattice per non lasciare impronte digitali. Segno che potrebbero essere soggetti già schedati, veterani del settore. Uno di loro era armato, ha mostrato una pistola. «Siamo stati a cena fuori: i banditi ci hanno sorpresi nel giardino al nostro ritorno». Sequestrati per un’ora, costretti a svelare i nascondigli dei lingotti. «Sì, ci hanno minacciati, ma non hanno alzato le mani. Prima di fuggire ci hanno rinchiusi in un locale di servizio».

Il racconto del neo imprenditore è ora al vaglio dei carabinieri. La vincita milionaria risale a poco più di un anno fa. Cinque milioni con un Gratta e Vinci. Fortunatissimo, ma poco accorto nel tenere un basso profilo. La Dea Bendata è dispettosa e gioca brutti scherzi. Lo scorso Natale l’uomo ha già subito un furto in casa. Così ha denunciato ai carabinieri. Il colpo è avvenuto in un’altra abitazione, a Nichelino. Anche in quell’occasione gli sono stati rubati dei lingotti d’oro e oggetti preziosi. I ladri si sono fatti un bel regalo. Forse, più che fortunati, ben informati. Di questo passo il neo imprenditore rischia di perdere tutta la sua ricchezza. Di certo ha avuto fiuto per gli investimenti. Con il prezzo che ha raggiunto l’oro, ha saputo mettere a frutto la sua fortuna. I banditi ringraziano
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ASSALTO IN VILLA – I banditi portano via i lingotti d’oro vinti al Gratta&Vinci
AZIONI – Da inizio 2022 bruciati 8.000 mld di ricchezza. Da inflazione a deflazione il passo è breve

AZIONI – Da inizio 2022 bruciati 8.000 mld di ricchezza. Da inflazione a deflazione il passo è breve

di Francesca Gerosa

L’eccesso di risparmio accumulato con la pandemia è svanito. Se si aggiungono l’aumento dei tassi ipotecari, il potenziale calo dei prezzi delle abitazioni e un mercato del lavoro meno favorevole, la narrativa sull’inflazione potrebbe lasciare spazio ai timori di deflazione prima del previsto, avverte Quirighetti di Decalia | Non torneremo all’inflazione anni 70 perché le banche centrali sono cambiate

L’indice S&P500 flirta con il mercato ribassista dopo essere precipitato per sette settimane consecutive venerdì scorso e, ultimo ma non meno importante, i crescenti rischi di recessione negli Stati Uniti. Stiamo andando verso una recessione? Si è chiesto Fabrizio Quirighetti, Cio, Head of Multi-Asset di Decalia. “Il comportamento tanto del mercato azionario quanto di quello del credito lo fanno pensare, o almeno hanno segnalato un forte rallentamento rispetto alla crescita dello scorso anno, mentre le prove a livello economico si stanno accumulando”, ha affermato Quirighetti.

Con l’indice US ISM manufacturing sotto 48 in modo duraturo recessione più grave del previsto

La prima conferma della situazione reale potrebbe avvenire già il 1° giugno con la pubblicazione del manufacturing index dell’Institute of Supply Management (ISM) degli Stati Uniti, che potrebbe ridursi vicino al valore di 50 o addirittura leggermente sotto. “Le intuizioni dei mercati sono assolutamente encomiabili, dato che il nostro modello ISM, recentemente aggiornato con i dati di maggio dell’indice Empire Manufacturing e del Philadelphia Fed index, prevede anche che l’indice US ISM manufacturing scenderà verso quota 50 già questo mese”, ha indicato l’esperto.

La questione fondamentale ora è: l’indice US ISM manufacturing scenderà davvero al di sotto di 48 in modo duraturo nel corso dell’estate (non solo una toccata e fuga)? In questo caso, “la recessione sarà probabilmente più grave di quanto attualmente prezzato e avverrà anche prima del previsto. Si noti che la crescita del pil statunitense nell’ultimo trimestre era già in territorio negativo. Quindi, un’altra rilevazione negativa nel secondo trimestre e si avrà così una recessione tecnica lieve. Ad ogni modo, continuo a credere che sarà evitata una brusca contrazione”.

È una buona notizia? “Non esaltatevi troppo, perché potrebbe significare che i mercati impiegheranno più tempo per trovare un solido punto minimo. Una crescita resiliente significa in effetti pressioni inflazionistiche più durevoli e di conseguenza una posizione da falco della Fed per più tempo. La rapida correzione di marzo 2020 si è rivelata meno dolorosa per investitori e consumatori rispetto al lungo aggiustamento deflattivo del 2000-2002”. avverte Quirighetti.

Non bisogna lasciarsi ingannare da dati nominali

Nel frattempo, non bisogna lasciarsi ingannare da dati “nominali” come l’ultimo rapporto sulle vendite al dettaglio negli Stati Uniti, che ha indicato una spesa migliore del previsto (+0,9% rispetto al mese precedente e +8,2% rispetto all’anno precedente). Almeno a prima vista perché, come si può vedere qui sotto, le vendite al dettaglio reali sono diminuite del 4% da maggio 2021 a marzo 2022 (purtroppo i dati reali vengono pubblicati con un mese di ritardo rispetto a quelli nominali).

L’inflazione maschera la situazione reale

L’inflazione sta, quindi, mascherando la situazione “reale”, che non è così favorevole come alcuni credono. L’inflazione sta erodendo il potere d’acquisto dei risparmi in liquidità, mentre la brusca correzione dei prezzi delle azioni, dei titoli di Stato, del credito o delle criptovalute significa che la maggior parte dell’eccesso di risparmio accumulato durante la pandemia è ormai svanito. I bilanci delle famiglie, che un anno fa erano incredibilmente solidi, ora si stanno deteriorando molto rapidamente. Secondo una nota di ricerca di JP Morgan, il calo dei prezzi delle azioni e delle obbligazioni ha ridotto la ricchezza delle famiglie di ben 8.000 miliardi di dollari dall’inizio dell’anno. Se si aggiungono l’aumento dei tassi ipotecari, il potenziale calo dei prezzi delle abitazioni e un mercato del lavoro meno favorevole, la narrativa sull’inflazione potrebbe lasciare spazio ai timori di deflazione prima del previsto, avverte l’esperto di Decalia.

La ricerca di un punto di minimo per i mercati continua

I deludenti comunicati sugli utili di Walmart e Target hanno confermato che i consumatori statunitensi stanno effettivamente percependo l’impatto dell’aumento dei prezzi e dell’effetto di deflazione della ricchezza, coerentemente con il livello ai minimi della loro fiducia – nonostante un mercato del lavoro dinamico. La buona notizia? “L’aumento dei prezzi potrebbe finalmente iniziare a frenare l’aumento dei prezzi. Che l’inflazione si riduca quanto basta per evitare uno scenario di stagflazione, che la crescita persista per evitare la recessione o che la Fed non proceda a una stretta così ampia come si temeva, è un’altra questione. Di conseguenza, la ricerca di un punto di minimo continua, dato che ci troviamo in un contesto complicato e fragile”, ha concluso Quirighetti. (riproduzione riservata)

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ORO – Materie prime, panico, sostenibilità (e bitcoin): le 5 lezioni anti crisi per i risparmi

Che cosa possiamo imparare

Prevedere in anticipo lo scoppio di una guerra, l’incubo calato il 24 febbraio ai confini dell’Europa, dentro l’Europa, era quasi impossibile. Proteggere i risparmi nella fase di grande volatilità che è scaturita dall’invasione russa, invece, è possibile. Magari cercando di trarre qualche insegnamento dal modo in cui i mercati hanno reagito nella prima settimana di conflitto. In queste schede , trovate cinque «lezioni» da tenere a mente su oro, Bitcoin, volatilità, rischio geopolitico e investimenti «green».

Oro: investire fino al 10% per proteggersi

Il re dei beni rifugio non ha tradito le aspettative: rispetto alla vigilia dell’invasione russa, che ha innescato il crollo delle borse europee, l’oro si è mantenuto ben saldo, dopo aver guadagnato oltre 5 punti percentuali da inizio anno. La spinta a favore del metallo giallo, va detto, è partita prima della guerra, sui timori per l’inflazione, che ha raggiunto il 7,5% negli Usa – ai massimi da 40 anni – e il 5,8% record in Eurozona (si veda anche articolo a fianco). «Da qui a fine anno, dovrebbe restare favorito, per la funzione di scudo contro l’aumento dei prezzi al consumo, che rimarranno elevati anche a causa delle quotazioni dell’energia: immaginiamo un petrolio attorno ai 100 dollari al barile anche verso fine anno», dice Giacomo Calef, country manager di NS partners. Diversi analisti ipotizzano che l’oro possa salire oltre la soglia psicologica dei 2.000 dollari l’oncia e poi procedere verso il picco record toccato nell’estate del 2020, a 2.070. La stessa tendenza positiva sembra indirizzare gli altri metalli preziosi, come argento e palladio, sostenuti dalla correlazione con l’oro, dall’uso industriale e dalle incognite sul conflitto: la Russia è il primo produttore di palladio e vale quasi la metà della fornitura globale. Quanto oro tenere in portafoglio? «Dipende dall’ampiezza della componente azionaria – precisa Gianluca Scelzo, consigliere delegato di Copernico sim — Se le Borse valgono il 30% e oltre, il metallo giallo può pesare fino al 10%»

Bitcoin: perchéla criptovaluta non è un rifugio

Da inizio anno, il Bitcoin perde 10 punti percentuali. In questa fase — ma non è la prima volta — sembra smentire la decorrelazione che alcuni attribuiscono al mondo cripto rispetto alle classi di attivo tradizionali. Nei giorni successivi allo scoppio della guerra, la maggiore tra le criptovalute si è mantenuta relativamente stabile, salvo compiere un balzo di oltre 15% all’inizio della scorsa settimana, per metà persi nei giorni seguenti. Le ragioni dei saliscendi improvvisi rimangono imperscrutabili, a detta di molti osservatori. Eppure qualche operatore chiama il Bitcoin «oro digitale». Entrambi, in effetti, hanno un’offerta limitata: da una parte, l’oro è presente sulla Terra in quantità finita. Dall’altra, l’algoritmo che disciplina la creazione di nuova moneta digitale è disegnato in modo che si possa immettere sul mercato una quantità massima di 21 milioni di Bitcoin, obiettivo che sarà raggiunto, si stima, nel 2.140 (quasi 19 milioni sono già in circolazione). Nel lungo termine la regina delle criptovalute può essere considerata una riserva di valore? La finanza «classica» tende a storcere il naso, sottolineando come questo sia del tutto incompatibile con un asset capace di moltiplicare il proprio valore di 10 volte in un anno – come tra aprile 2019 e 2020 – ma anche di perdere il 50% in una sola notte (12 marzo 2020). «Non credo che il Bitcoin possa essere considerato un bene rifugio», conclude Gianluca Scelzo (Copernico sim).

Vendere sul panico: un errore. Meglio iniziare un pac

Vendere in un momento di panico è il più grave errore che un investitore possa fare: lo condanna a capitalizzare il segno meno, precludendo la possibilità di cavalcare il successivo rimbalzo e recuperare le perdite. E d’altra parte la reazione dei mercati è talvolta imprevedibile: nelle prime due sedute di borsa dopo l’inizio delle ostilità, per esempio, Wall Street ha guadagnato il 3,8%. A distanza di una settimana, fra giorni buoni e correzioni, ha mantenuto questo vantaggio. L’Europa, invece, favorita tra le piazze finanziarie globali a inizio anno, ora si trova vicina all’epicentro della crisi. È inevitabile che sia la più penalizzata. Ma la storia dei mercati finanziari dice che dopo ogni crollo, le Borse si riprendono. E spesso la velocità del rimbalzo è proporzionale alla violenza della caduta. Potenzialmente, quindi, si aprono opportunità interessanti: «Per chi aveva un portafoglio prudente, un piano di accumulo o uno switch programmato verso i listini azionari, con un orizzonte di due, tre, quattro anni può essere una buona occasione», dice Gianluca Scelzo (Copernico sim). Non sempre conviene restare immobili. «Le posizioni strategiche vanno mantenute: per esempio quelli agganciati a tendenze di lunghissimo termine», dice Giacomo Calef (Ns partners). «Ma le scelte tattiche – per esempio geografiche – possono essere messe in discussione, soprattutto quando si è di fronte a un cambio di paradigma radicale».

Rischio geopolitico: diversificare in Asia e Sud America per prevenire

Quando c’è bonaccia sui mercati, il rischio geopolitico viene evocato da chi suggerisce di non trascurare potenziali minacce in manovra sottotraccia. I fatti di queste settimane dimostrano che c’è del vero. «La geopolitica non va sottovalutata, è un elemento che deve entrare nei portafogli, specialmente quando si investe sugli Emergenti», dice Gianluca Scelzo (Copernico sim), ma non solo. Si tratta del «rischio in assoluto più difficile da gestire», osserva Giacomo Calef (Ns partners). Esplode all’improvviso, talvolta dopo una lunga fase di incubazione. Basti pensare alle Torri Gemelle. Come se ne esce? «Il 90% dei problemi si risolve con la diversificazione», annota il consigliere delegato di Copernico sim. Un esempio: «le aziende quotate nei Paesi del Golfo, su orizzonti di 3-5 anni sono decorrelate all’andamento dei mercati sviluppati», dice il top manager di Ns Partners. Oppure, spiega, «si può diversificare in base alla geografia della politica fiscale e monetaria». I mercati europei e Usa sono più vulnerabili, oggi, perché la guerra si innesta su un terreno minato, visto che le banche centrali sono pronte a una manovra restrittiva anti inflazione. «La Cina, invece, sta tagliando i tassi. Questo non protegge dal rischio geopolitico, ma consente di bilanciare forze e variabili», dice Calef. Secondo Scelzo, «l’Asia Pacifico potrebbe avere un momento di grazia. Anche aree come l’America Latina o il Sudafrica, per l’esposizione alle risorse naturali».

Sostenibilità in pausa? Puntate sia sul petrolio che sui titoli green

Dalla Russia l’Europa importa il 41% del gas e il 27% del greggio di cui ha bisogno (Eurostat). Non stupisce che lo scoppio della guerra abbia infiammato i prezzi dell’energia, con il petrolio Brent (il riferimento per l’Europa) salito sopra i 100 dollari al barile — costa il 50% in più rispetto a un anno fa — e il gas alle stelle. La Germania sta ventilando l’ipotesi di mantenere attive le ultime tre centrali nucleari, invece di spegnerle entro fine dell’anno. E anche i suoi piani di archiviare le centrali a carbone prima del 2030 sembrano destinati a revisione. Almeno in Europa, la transizione verso l’energia verde potrebbe conoscere una battuta d’arresto. Guarda caso, un indice come l’S&P Oil & gas exploration & production select industry, che rappresenta le aziende Usa attive nell’esplorazione e nella produzione di petrolio e gas, ha guadagnato il 13% dal 23 febbraio, vigilia dell’invasione. «Ora i rigassificatori e le aziende estrattrici di petrolio riceveranno nuovi investimenti, che erano di fatto rallentati. Oggi l’Opec non sembra essere nelle condizioni di aumentare la produzione», dice Giacomo Calef (Ns Partners). Nel medio, però, è probabile che gli investimenti a favore delle energie pulite vengano intensificati, specialmente in Europa, proprio per ridurre la dipendenza energetica dalla Russia. «In questo momento — conclude Calef — ha senso investire sia su petrolio che su rinnovabili».

FONTE:

 CORRIERE.IT

 

ORO – Materie prime, panico, sostenibilità (e bitcoin): le 5 lezioni anti crisi per i risparmi
ORO – Investire in oro può essere una buona soluzione per proteggere i risparmi, con qualche rischio

ORO – Investire in oro può essere una buona soluzione per proteggere i risparmi, con qualche rischio

Investire in oro aiuta a proteggere il risparmio dall’inflazione, ma vediamo se allo stato attuale sarebbe una buona soluzione investire in oro contro l’inflazione
Giuseppe Timpone – 15 Marzo 2022, ore 15:48

Se avessimo comprato oro un anno fa, adesso avremmo guadagnato più del 20%. Le quotazioni del metallo in dodici mesi sono salite del 13% sopra i 1.965 dollari di ieri e il cambio euro-dollaro nel frattempo è sceso dell’8% sotto 1,10. Investire in oro è l’operazione classica nei periodi di crisi economica, alta inflazione, tensioni finanziarie e/o geopolitiche. Allo stato attuale, ne abbiamo ben tre e rischiamo presto di avere la quarta, cioè la crisi.

Il boom delle quotazioni negli ultimi mesi è stato trainato essenzialmente dalla reflazione. Dopo la fase acuta della pandemia e i relativi lockdown, la domanda si è ripresa molto più velocemente dell’offerta, con quest’ultima ad essere rimasta indietro per via dei colli di bottiglia venutisi a creare durante le restrizioni. Gli ordini si sono accumulati e i prezzi di molti manufatti e materie prime sono schizzati alle stelle. I metalli industriali, ad esempio, sono rincarati mediamente di quasi il 45% in un anno. La guerra è intervenuta in questo scenario, estremizzandolo.

Quando s’ipotizza di investire in oro, bisogna chiedersi quale futuro si abbia davanti sul piano macroeconomico. Se il metallo prospera in condizioni critiche, evidentemente dovremmo inserirlo in portafoglio nelle previste fasi avverse. Le banche centrali non definiscono più “temporanea” l’inflazione, anche se continuano a rassicurare che essa tenderà ai rispettivi target nel medio-lungo termine. Poiché stanno iniziando a porre fine agli stimoli monetari, i rendimenti dei bond stanno risalendo e, in teoria, questo non sarebbe positivo per l’oro, in quanto asset privo di cedole.

Investire in oro ai tempi dell’inflazione
In sostanza, la concorrenza diventa più agguerrita. Tuttavia, a crescere in questa fase sono i rendimenti nominali, quelli reali stanno continuando a diminuire.

Il Treasury a 10 anni offriva l’1,60% un anno fa, a fronte di un’inflazione americana ancora sotto il 2%. Adesso, rendono meno del 2,10, ma a fronte di un’inflazione salita a quasi l’8%. Investire in oro è diventato più appetibile, non meno. Vero è, poi, che il dollaro dovrebbe perdere forza nel prossimo futuro. E questo non farebbe che sostenere le quotazioni del metallo, le quali mostrano una correlazione negativa con il biglietto verde.
Infine, avanza la prospettiva di un’inflazione strutturalmente maggiore di quella che abbiamo vissuto nel decennio precedente alla pandemia. La globalizzazione avrebbe raggiunto il picco. Tra pandemia e guerra, le multinazionali si stanno convincendo ad accorciare le catene di produzione. I luoghi di produzione verosimilmente in futuro si troveranno più vicini a quelli di consumo. Questo implica anche che i costi saliranno e si ripercuoteranno sui prezzi finali. L’era di tutto “cheap” sarebbe ormai volta al termine.

Se l’inflazione sale, investire in oro diverrebbe una buona soluzione per proteggere i risparmi. Attenzione, però, a pensare che l’asset sia una garanzia automatica. Negli anni recenti, dopo l’allora massimo storico toccato nel 2011 sopra 1.920 dollari, le quotazioni quasi risultarono dimezzate quattro anni più tardi. Dunque, occhio a puntare sui guadagni immediati. E non è detto che dobbiamo necessariamente acquistare lingotti. Esistono alternative pratiche come gli ETC, i fondi a gestione passiva, e le azioni della società minerarie, le quali tendono a replicare l’andamento dell’asset estratto sui mercati.

giuseppe.timpone@investireoggi.it

FONTE:

ORO – Russia, il ministero delle Finanze incentiva l’acquisto di lingotti d’oro al posto di dollari

Il presidente Putin ha firmato una legge adottata all’inizio di marzo per abolire il pagamento dell’IVA sull’acquisto da parte di privati ​​di metalli preziosi in lingotti

La Russia ha abolito l’IVA sull’acquisto di metalli preziosi in lingotti, oro in primis. Il ministero delle Finanze ha definito l’investimento in oro “un’alternativa ideale all’acquisto di dollari”.

Il presidente russo Vladimir Putin ha firmato una legge adottata all’inizio di marzo per abolire il pagamento dell’IVA sull’acquisto da parte di privati ​​di metalli preziosi in lingotti.

In precedenza, il ministero delle Finanze in un comunicato ha precisato che quando si acquistava un lingotto d’oro in una banca, le persone dovevano pagare l’IVA per un importo del 20%. Tuttavia, quando si vendeva un lingotto d’oro in una banca, non era previsto un rimborso dell’IVA, il che rendeva l’operazione non redditizia.

“Sullo sfondo di una situazione geopolitica instabile, investire in oro sarà un’alternativa ideale all’acquisto di dollari”, ha affermato il ministro delle Finanze, Anton Siluanov.

Dopo l’invasione russa dell’Ucraina e l’imposizione di sanzioni da parte dei paesi occidentali, le autorità russe hanno notevolmente limitato le operazioni con valuta estera. La Banca centrale ha limitato il prelievo di contanti dai conti in valuta estera a 10mila dollari e ha introdotto una commissione elevata per l’acquisto di valuta estera in borsa. Inoltre, ai russi era vietato prelevare valuta sui propri conti esteri.

FONTE:

ORO – Russia, il ministero delle Finanze incentiva l’acquisto di lingotti d’oro al posto di dollari