L’estensione del bail-in anche alle piccole banche, indicata dall’Eurogruppo, implicherebbe maggiori richi sui correntisti: a rischio fino a 283 banche

La volontà politica dei ministri delle Finanze europee è stata tracciata: il bail-in e la relativa procedura di risoluzione per le banche in crisi, dovrà essere ampliato “anche per le banche di piccole e medie e dimensioni”

Secondo un’analisi condotta dall’Eba l’estensione delle normative attuali sulle risoluzioni alle banche medio piccole esporrebbe, potenzialmente, i correntisti di 283 banche su 368 analizzate, con 123,7 miliardi di euro di depositi

Per il momento, dunque, bisogna farsi bastare i calcoli condotti dall’Eba su richiesta della Commissione Ue, contenuti in un rapporto intitolato “Call for advice regarding funding in resolution and insolvency”, basati sui bilanci di fine 2019.

Nello scenario base di tipo “descrittivo”, aveva scritto l’Eba, i correntisti di 96 istituti (sui 368 analizzati) avrebbero potuto subire un bail-in, per un ammontare complessivo di 18,3 miliardi di euro: “per queste entità un supporto degli schemi di garanzia dei depositi è raramente possibile”. I numeri si fanno decisamente più consistenti “per lo scenario in cui le riserve di capitale di una banca sono esaurite”, ossia uno scenario “più realistico” che ipotizza che si verifichi un depauperamento di capitale “nel periodo precedente la risoluzione della crisi”. In questo secondo scenario a subire perdite sarebbero, potenzialmente, i correntisti di 283 banche su 368 analizzate, con 123,7 miliardi di euro di depositi colpiti.

I rilievi di Visco sull’estensione del Bail-in alle banche medio piccole

Nel corso del suo intervento all’assemblea annuale Abi il governatore Visco, aveva preso atto che, per il momento, il percorso dell’unione bancaria europea non affronterà il nodo del “sistema unico di assicurazione dei depositi” comune, in quanto “non è possibile arrivare a un compromesso fra le posizioni degli Stati membri”. Così, lo scorso 24 giugno, l’Eurosummit ha dichiarato che gli sforzi normativi futuri si concentreranno sulla revisione “in materia di gestione delle crisi bancarie”.

La normativa oggi in vigore ancora non offre strumenti efficaci per le banche medio-piccole, che restano escluse dall’ambito di applicazione delle risoluzioni. Al momento, quando gli istituti di piccole dimensioni finiscono in crisi sono destinati “alla liquidazione atomistica, inadatta ad assicurarne un’ordinata uscita dal mercato”, aveva detto Visco.

Sull’inclusione delle banche medio piccole nello schema delle risoluzioni che prevede, fra le altre cose, il bail-in, restano da definire dettagli cruciali fra cui “il novero di banche che rientrerebbero nell’ambito della risoluzione”, aveva precisato il governatore di Bankitalia.

In caso di risoluzione le banche medio piccole, “data la loro limitata capacità di collocare capitali, l’applicazione del bail-in anche nella nella misura minima dell’8% del complesso delle passività necessarie per accedere al Fondo unico di risoluzione, finirebbe per colpire i depositanti, oltre ai creditori senior”.

Uno degli auspici espressi da Bankitalia è che l’ampliamento del meccanismo delle risoluzioni per le banche medio piccole si accompagni a una riduzione della quota di bail-in necessaria per far scattare l’accesso al Fondo di risoluzione – fatto che metterebbe al riparo almeno una parte dei correntisti potenzialmente esposti. “Queste considerazioni trovano conferma nell’analisi di impatto condotta lo scorso anno dall’Autorità bancaria su richiesta della Commissione”. Le “prime stime della Banca d’Italia confermano che, in caso di estensione del perimetro della risoluzione, per le banche italiane meno significative sarebbe problematico l’obbligo di rispettare il bail-in minimo richiesto dalle attuali norme europee senza imporre perdite per i depositanti”.

L’auspicio, è che si possa raggiungere, anche attraverso una revisione delle regole sugli aiuti di Stato per le banche in difficoltà un corretto bilanciamento fra “stabilità finanziaria e tutela della concorrenza”. Sul tema la Commissione europea ha già lanciato una consultazione pubblica.

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