LORENZO MAGNANI – 14 07 2022
La curva dei rendimenti del Tesoro statunitense ha registrato mercoledì la più grande inversione dal novembre 2000
Dopo i dati sull’inflazione di giugno, l’inversione della curva dei rendimenti statunitense ha raggiunto un livello l’ultima volta visto nel 2000
Le inversioni della curva dei rendimenti sono considerate dagli analisti come anticipatrici di recessioni
I timori che l’economia più grande del mondo sia prossima alla recessione si fanno sempre più intensi. Negli Stati Uniti infatti l’inflazione corre imperterrita e alla Fed non rimane che alzare ancora i tassi, con il rischio di mettere a repentaglio la crescita economica del Paese. O perlomeno così si aspetta il mercato. La curva dei rendimenti dei Treasury americani ha infatti registrato la più grande inversione dal 200: i titoli a breve termine, oggi, pagano di più di quelli con scadenza decennale.
Spread 2/10 anni ai massimi dal 2000
Le aspettative che la Fed aumenti i tassi di 100 punti base, più dei 75 bps prezzati martedì, in occasione della riunione del 26-27 luglio, sono nate dopo un rapporto del governo che ha mostrato che il tasso di inflazione annuale degli Stati Uniti ha raggiunto a giugno un livello che non si vedeva in 40 anni. E così, stando ai dati di Refinitiv, l’inversione della curva dei rendimenti statunitensi a 2 anni/10 anni ha accelerato mercoledì fino a 24,40 punti base, il massimo dell’inversione in quasi 22 anni. I rendimenti a due anni degli Stati Uniti, che riflettono le aspettative sui tassi di interesse, sono saliti a un massimo di quattro settimane del 3,215%, a fronte di rendimenti a dieci anni, in aumento di 9 punti base, che sono arrivati a pagare il 2,995%.
I dati del Dipartimento del Lavoro hanno mostrato che l’indice dei prezzi al consumo degli Stati Uniti è balzato del 9,1% a giugno, il più grande aumento in più di quattro decenni. Su base mensile, l’aumento dell’indice principale è stato dell’1,3%. Il cosiddetto CPI “core”, che esclude i prezzi volatili di cibo ed energia, è invece salito al 5,9% su base annua.
Recessione sempre più probabile
“Si tratta di una situazione difficile per la Fed, costretta a reagire a questi forti dati sull’inflazione per evitare che le aspettative salgano troppo”, ha dichiarato al Nasdaq Brian Smedley, capo economista e responsabile della ricerca macroeconomica e di investimento di Guggenheim Partners a New York. “Allo stesso tempo, gli indicatori previsionali sulle prospettive economiche si sono rapidamente deteriorati. L’escursione aggressiva dei tassi sta portando verso un rallentamento economico”. Dello stesso avviso è Bank of America, i cui economisti, in una nota mercoledì hanno dichiarato di aspettarsi che gli Stati Uniti entrino in una “lieve recessione” quest’anno, evidenziando come i dati in arrivo indicano un rallentamento dello slancio dell’economia e che l’inflazione ostacolerà la spesa dei consumatori. Giovedì verranno pubblicati i dati dell’IPP (indice dei prezzi alla produzione) di giugno, su base mensile e annuale, e dell’IPP, insieme ai i dati sulla disoccupazione.
Sulla base dei futures sui fed funds statunitensi, il FedWatch di Refinitiv ha stimato una probabilità del 54% di un rialzo di 100 punti base alla riunione della Fed di fine mese, in forte aumento rispetto dallo 0,2% stimato prima della pubblicazione dei dati sull’inflazione. Il FedWatch del CME, invece, ha calcolato una probabilità ancora più alta, pari all’82%, rispetto al 7,6% di martedì.
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