Cassazione civile, sez. III, sentenza 11/06/2014 n° 13233
Di Valentino Aventaggiato – Professionista – Avvocato
La sentenza in commento desta notevole interesse in quanto affronta in maniera più che approfondita la vexata quaestio sulla cumulabilità delle somme erogabili a titolo di risarcimento con quelle spettanti come indennizzo in virtù di una polizza danni/infortunio non mortale contratta dal danneggiato.
La questione, oltre a caratterizzarsi per affascinanti aspetti giuridici, ha un notevole impatto pratico. Ed invero, è frequente il caso in cui un danno ingiusto, oltre ad essere fonte di un diritto risarcitorio, rappresenti anche il rischio per il quale si è stipulata una polizza assicurativa ad hoc.
Si pensi, a titolo di esempio, al caso delle lesioni subite dal conducente di una vettura coinvolto non per sua colpa in un sinistro stradale, il quale ha stipulato anche un’assicurazione contro gli infortuni: in siffatta ipotesi è possibile cumulare l’indennizzo ricevuto dalla compagnia assicurativa con il risarcimento danni nell’ambito della copertura r.c.a.?
Secondo la tesi più risalente, il cumulo tra indennizzo assicurativo e risarcimento del danno sarebbe possibile. Ciò in quanto il credito risarcitorio vantato nei confronti del responsabile ed il credito indennitario vantato nei confronti del proprio assicuratore privato hanno fonte diversa: il primo ha natura legale (uno per tutti, l’art. 2043 c.c.), mentre il secondo ha natura contrattuale in quanto frutto di un contratto con il quale l’assicuratore, dietro corrispettivo del premio, si impegna a corrispondere all’assicurato una somma al verificarsi di un determinato evento, al di là della responsabilità per il suo accadimento. La differente natura dei due crediti escluderebbe che gli stessi possano compensarsi in base al principio della compensatitio lucri cum damno: quest’ultimo, infatti, troverebbe applicazione solo nel caso in cui il vantaggio ed il danno siano entrambi conseguenza immediata e diretta del fatto illecito, quali suoi effetti contrapposti (Cass. n° 1135/99).
In base ad un’altra ricostruzione, anch’essa avallata da sentenze di legittimità, il cumulo sarebbe vietato solo nel caso in cui l’assicuratore privato della vittima – con la quale ha stipulato la polizza danni/infortunio – manifesti la volontà di surrogarsi nei diritti di quest’ultima verso il danneggiante ex art. 1916 c.c.[1], diversamente il danneggiato “anche se ha riscosso l’indennizzo, può agire per il risarcimento totale, senza che il responsabile possa opporgli l’avvenuta riscossione” (ex plurimis Cass. n° 22883/04).
Secondo la tesi da ultimo espressa dalla Cassazione con la sentenza in commento, non è possibile cumulare l’indennizzo ed il risarcimento, almeno nel caso di polizza assicurativa contro lesioni non mortali.
Presupposto logico giuridico è che, in base a quanto affermato dalle Sezioni Unite della Cassazione con sent. n° 5119/02, l’assicurazione contro gli infortuni non mortali rientra nell’assicurazione contro i danni[2], mentre quella stipulata per il caso morte rientra nell’assicurazione vita.
Nell’ambito delle assicurazioni contro i danni vige il principio indennitario, in base al quale la somma riscossa dall’assicurato non può mai superare l’entità effettiva del danno subito, sicché non è possibile cumulare l’indennizzo dovuto dall’assicuratore col risarcimento eventualmente dovuto dal terzo per lo stesso fatto. A sostegno di tale conclusione, la Corte deduce questioni afferenti alla disciplina del contratto di assicurazioni e della responsabilità civile.
Sotto il primo profilo (norme sul contratto assicurativo):
1) l’art. 1895 c.c. prevede che l’assicurazione debba avere ad oggetto un rischio futuro, incerto, dannoso e non voluto. Se fosse consentito all’assicurato cumulare indennizzo e risarcimento, questi verrebbe ad avere, in teoria, un interesse positivo all’avverarsi del sinistro. Ciò renderebbe l’assicurazione una scommessa sul verificarsi di un evento, in un certo qual modo sperato e, addirittura, non dannoso;
2) consentendo il cumulo l’assicuratore che eroga l’indennizzo perderebbe il diritto di surrogazione, accordatogli dall’art. 1916 c.c., comma 4;
3) se fosse consentito all’assicurato cumulare indennizzo e risarcimento, il percepimento del risarcimento integrale, estinguerebbe l’obbligazione del danneggiante-debitore, con la conseguenza che questi potrebbe eccepire l’estinzione del debito all’assicuratore in surrogazione. In altri termini, l’accettazione del risarcimento da parte del danneggiato causerebbe un pregiudizio al proprio assicurato, che sarebbe costretto ad erogare l’indennizzo senza poter agire in surroga nei confronti del danneggiante.
Con riferimento al secondo profilo (norme sulla responsabilità civile):
1) se fosse possibile il cumulo tra indennizzo e risarcimento verrebbe violato il principio di integralità del risarcimento, in virtù del quale il danneggiato non può trovarsi in una condizione patrimoniale più favorevole rispetto a quella in cui si trovava prima di restare vittima del fatto illecito. (Cass. n° 293/73);
2) il pagamento dell’indennizzo assicurativo, nell’assicurazione contro i danni, presuppone che esista un danno: se il responsabile risarcisce il danneggiato prima che questi percepisca l’indennizzo, il credito indennitario si estingue per effetto dell’intervenuto risarcimento, che ha di fatto ripianato (ed eliminato) il danno. Il medesimo effetto si ha nel caso in cui sia l’indennizzo ad essere erogato prima del risarcimento che, a questo punto, perderebbe la sua funzione di reintegrare il patrimonio del danneggiato allo status quo ante.
“Deve dunque concludersi nel senso che indennizzo dovuto dall’assicuratore e risarcimento dovuto dal responsabile assolvano ad una identica funzione risarcitoria, e non possano essere cumulati: non perchè nel caso di specie non trovi applicazione l’istituto della compensatio lucri cum damno, ma semplicemente perchè non c’è più danno risarcibile per la parte indennizzata dall’assicuratore.” o viceversa.
Le conseguenze logico giuridiche di una simile conclusione sono dirompenti:
1) “l’assicuratore può legittimamente rifiutare il pagamento dell’indennizzo (in tutto od in parte), ove l’assicurato abbia già ottenuto il risarcimento del danno (in tutto od in parte) dal responsabile”;
2) “il responsabile del danno può legittimamente rifiutare il pagamento del risarcimento (in tutto od in parte), ove l’assicurato abbia già ottenuto il pagamento dell’indennità (in tutto od in parte) dal proprio assicuratore privato contro i danni”.
Da ultimo, per non lasciare adito ad incertezze, la Corte precisa che la detrazione del risarcimento del danno aquiliano dall’indennizzo o viceversa è applicabile solo nella misura in cui il danno patito ed il rischio assicurato coincidano: ad esempio, “se l’assicurazione copre il danno da perdita della capacità di lavoro (danno patrimoniale), e la vittima del fatto illecito abbia subito soltanto un danno biologico (danno non patrimoniale), nessuna detrazione sarà possibile, a nulla rilevando che l’assicuratore abbia, per effetto di particolari clausole contrattuali che ammettano l’indennizzabilità d’un danno presunto, pagato ugualmente l’indennizzo.
Per approfondimenti:
- Corso avanzato sulle tecniche di liquidazione dei danni civili, seminario di 2 incontri (14 ore), Altalex Formazione;
- Danni da circolazione stradale. Guida operativa dal sinistro al risarcimento, II ed., di Raffaele Plenteda, Altalex Editore, 2013;
- Assicurazioni private, a cura di Hazan Maurizio e Taurini Stefano, Ipsoa, 2015.
(Altalex, 2 marzo 2015. Nota di Valentino Aventaggiato)
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[1] Art. 1916 c.c. “ L’assicuratore che ha pagato l’indennità è surrogato, fino alla concorrenza dell’ammontare di essa, nei diritti dell’assicurato verso i terzi responsabili”
[2] L’iter logico delle Sezioni Unite si fonda su cinque argomenti: (a) l’art. 1882 c.c., definisce l’assicurazione contro i danni come quella in virtù della quale l’assicuratore si obbliga a rivalere l’assicurato del danno ad esso prodotto da un sinistro, e non fa riferimento solo ai danni alle cose ma anche ai danni alla persona; (b) al contrario, il riferimento del medesimo art. 1882 c.c. agli eventi attinenti la vita umana, quali presupposto dell’assicurazione sulla vita, va inteso con esclusivo riferimento ai fatti concernenti la morte o la sopravvivenza; (c) l’art. 1916 c.c., mirando ad impedire il cumulo di indennizzo e risarcimento, costituisce espressione tipica del principio indennitario. Di conseguenza, poichè il 4 comma di tale norma concede la surrogazione all’assicuratore contro gli infortuni, anche l’assicurazione infortuni ha natura indennitaria; (d) l’invalidità causata dall’infortunio costituisce sempre un “danno” per i fini di cui all’art. 1882 c.c.: sicuramente biologico, ed eventualmente patrimoniale; (e) la circostanza che la misura dell’indennizzo sia liberamente predeterminata nella polizza non priva l’assicurazione contro gli infortuni non mortali del carattere indennitario, in quanto la legge consente alle parti la stima del valore (ex art. 1908 c.c.)
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