Dopo l’euro, anche le riserve auree hanno sorpassato in valore gli asset denominati nella valuta Usa: una svolta storica, frutto del rally del lingotto e del processo di dedollarizzazione voluto dal Cremlino

C’è più oro che dollari nei forzieri della banca centrale russa: per la prima volta nella storia il valore delle riserve auree ha superato quello degli asset denominati nella valuta statunitense. La svolta è avvenuta nella prima metà del 2020, ma è stata evidenziata solo in questi giorni, con l’ultimo aggiornamento dei dati da parte di Bank Rossii.

La fotografia mostra che al 30 giugno l’istituzione custodiva lingotti per 128,5 miliardi di dollari, pari al 22,9% delle riserve: una quota oggi superata soltanto dagli attivi in euro (che rappresentano il 29,5% del totale), mentre quelli in dollari – in forte calo da anni – risultano scesi al 22,2%.

Negli ultimi mesi il volume delle riserve auree russe – che è quintuplicato tra il 2007 e il 2020, arrivando a sfiorare 2.300 tonnellate – dovrebbe comunque essere rimasto costante: dal 1° aprile scorso la banca centrale ha ufficialmente interrotto l’acquisto di lingotti, sostenendo di aver raggiunto gli obiettivi prefissati, una linea di nuovo ribadita a luglio dalla presidente Elvira Nabiullina.

La spinta verso la dedollarizzazione – decisa circa tre anni fa dal Cremlino per schermare l’economia russa dalle sanzioni Usa – potrebbe invece non essersi esaurita, benché Mosca abbia già tagliato in modo drastico la presenza del biglietto verde nelle riserve valutarie a favore non solo dell’oro ma anche dell’euro e dello yuan cinese.

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