Contrariamente a quanto si pensa, il metallo prezioso può vivere un rally in un contesto di maggior propensione al rischio: lo si è visto nel 2019, ricorda Mahoney (Jupiter A.M). E’ molto più importante il percorso dei tassi di interesse reali. In Usa e in Uk si abbasseranno per cui l’oro continuerà a brillare. Un altro porto sicuro? Gettinby (Aegon A.M) suggerisce i titoli di Stato cinesi sottovalutati

di Francesca Gerosa – 03/12/2020 14:30

L’oro oggi recupera lo 0,71% a 1.843,15 dollari l’oncia dopo aver portato a termine il mese (novembre) peggiore dal 2016 con una perdita del 5,5%. Il 30 novembre ha, infatti, toccato a 1.764 dollari, il prezzo più basso da inizio luglio, bruciando circa 300 dollari l’oncia dal picco storico di agosto. La quotazione si è ridimensionata di pari passo con i progressi nello sviluppo dei vaccini contro il Covid-19. L’Agenzia di regolamentazione dei medicinali e dei prodotti sanitari del Regno Unito è diventata la prima a livello mondiale ad approvare un vaccino contro il virus. Ieri ha dato il via libera al BNT162b2, il vaccino candidato sviluppato congiuntamente da BioNTech e Pfizer. Alla reazione degli ultimi giorni ha contribuito anche la debolezza del dollaro, al cui andamento l’oro è inversamente correlato.

Il mercato è altresì convinto che presto arriverà una nuova maxi manovra di stimolo negli Stati Uniti, in grado di alimentare gli acquisti di metallo prezioso. La proposta bipartisan, che sta lentamente guadagnando terreno, è intorno ai 908 miliardi di dollari e dovrebbe essere approvata prima della scadenza dell’11 dicembre, data dopo la quale il governo chiuderà le attività. Tuttavia, il segretario al Tesoro uscente, Steven Mnuchin, e il presidente degli Stati Uniti uscente, Donald Trump, hanno espresso sostegno per una proposta alternativa avanzata dal leader della maggioranza al Senato repubblicano, Mitch McConnell, rifiutando il pacchetto da 908 miliardi di dollari.

Intanto, a fare pressione su nuove misure di sostegno è il presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, che ieri ha ribadito, davanti al Comitato bancario del Senato, che è necessario fare di più. La Fed e la Banca centrale europea terranno l’ultimo meeting del 2020 la settimana prossima. Data la reputazione dell’oro come bene rifugio, alcuni potrebbero chiedersi come si comporterà in un periodo prolungato di propensione al rischio.

Dopo tutto, ha osservato Chris Mahoney, gestore gold & silver di Jupiter Asset Management, quest’anno è andato bene ed è attualmente in crescita di oltre il 17% rispetto all’anno precedente (in termini di dollari statunitensi, al 30 novembre). Eppure, contrariamente a quanto si percepisce, l’oro può vivere un rally in un contesto di maggior propensione al rischio e lo sé visto nel 2019, quando l’oro e l’indice mondiale MSCI delle azioni globali sono cresciuti in tandem, avanzando, rispettivamente, del 18% e del 25%.

Per la direzione del prezzo dell’oro è molto più importante il percorso dei tassi di interesse reali (tassi nominali corretti per l’inflazione), ha segnalato Mahoney, piuttosto che il sentiment verso il rischio. “In periodi di tempo significativi il prezzo dell’oro ha una relazione inversa con i tassi d’interesse reali, per cui tassi d’interesse reali più bassi determinano un prezzo dell’oro più alto e tassi d’interesse reali più alti determinano un prezzo dell’oro più basso. Ciò è del tutto logico, dato che l’oro, che non produce alcun reddito, è in concorrenza con altre asset class per il capitale degli investitori”, ha spiegato il gestore gold & silver di Jupiter Asset Management.

Il danno economico che il Covid-19 ha portato implica che la Fed, che ha ridotto i tassi a zero, dovrà sostenere l’economia con tassi di interesse nulli per un bel po’ di tempo. “Secondo le sue stesse proiezioni, la Fed non aumenterà i tassi fino al 2023 e non mi sorprenderei se il suo primo aumento dei tassi non si concretizzasse prima del 2025. Vale la pena ricordare che dopo che la Fed ha ridotto i tassi a zero nel 2008, in risposta alla crisi finanziaria globale, li ha lasciati invariati per sette anni”, ha fatto presente Mahoney, al quale sembra inevitabile che anche la Banca d’Inghilterra manterrà la politica dei tassi zero per gli anni a venire.

Il Regno Unito è stato il più colpito dal Covid-19 tra le maggiori economie e sembra abbastanza probabile che nei prossimi anni vedrà una ripresa più lenta rispetto agli Stati Uniti, proprio come ha fatto dopo la crisi finanziaria globale. Gli investitori non stanno certamente scontando l’idea di un ulteriore taglio dei tassi della BoE durante questo ciclo ed è degno di nota il fatto che recentemente la Banca abbia inviato una lettera a diverse aziende per chiedere informazioni sulla loro disponibilità operativa a implementare un tasso bancario pari a zero o negativo.

Ne consegue che, a meno che l’inflazione non si muova significativamente al di sopra dei loro obiettivi, o diventi problematica, “entrambe le Banche centrali saranno riluttanti ad agire per ridurla con tassi di interesse più elevati. Questa tolleranza all’aumento dell’inflazione si è riflessa nel fatto che quest’estate la Fed ha modificato il suo obiettivo di inflazione da un limite superiore pari al 2% a una media del 2% nel tempo, il che potrebbe consentire molte osservazioni al di sopra del 2%. A parità di altre condizioni, un’inflazione più elevata comporta tassi d’interesse reali più bassi, il che favorisce un aumento del prezzo dell’oro. Sembra probabile che i tassi di interesse reali sia negli Stati Uniti che nel Regno Unito si abbasseranno in virtù di tassi nominali più bassi e/o di un’inflazione più elevata prima di salire e quindi, che ci sia una situazione di risk-on o di risk-off, credo che l’oro continuerà a brillare”, ha concluso Mahoney.

Un’alternativa di investimento all’oro? Gareth Gettinby, investment manager del team multi-asset di Aegon Asset Management, ha suggerito i titoli di Stato cinesi che al momento rappresentano un porto sicuro sottovalutato in grado di offrire agli investitori prospettive migliori rispetto agli asset tradizionali, inclusi l’oro e il debito tedesco.

Con i rendimenti in caduta verso lo zero, si sono presentate una varietà di altre possibili coperture: posizioni short sui mercati del credito (puntando su un ampliamento degli spread), posizioni long in contratti sulla volatilità, put sul mercato azionario e sull’oro. “Ciascuno di essi ha il potenziale per funzionare ma tutti hanno costi elevati, una portata limitata o richiedono una gestione attiva per rimanere effettivi”, ha avvertito Gettinby che punta sui macro asset cinesi, ovvero i titoli governativi o la valuta del Paese.

La Cina è la seconda economia mondiale e questo conta. La politica economica cinese punta sempre di più all’autosufficienza, il commercio con il resto del mondo è bello, ma non essenziale. Gode di una solida stabilità politica, con nessuna pressione da parte di agende populiste. Registra, inoltre, un surplus delle partite correnti e le sue obbligazioni offrono un premio di rendimento nel breve e nel lungo periodo sia in termini nominali che reali.

“Stati Uniti, Germania, Giappone e Svizzera non possiedono tutti questi attributi, mentre gli asset cinesi appaiono più appetibili di altri porti sicuri e con rendimenti particolarmente interessanti. Il differenziale tra il rendimento dei bond governativi cinesi e quelli Usa è infatti ai massimi da molti anni, offrendo un buon ammortizzatore contro un’impennata della crescita economica in Cina rispetto agli Stati Uniti”, ha concluso Gettinby. (riproduzione riservata)

FONTE: