Dopo la caduta di azioni e bond, le commodity sono state la sola classe di attivo a offrire un rifugio. Secondo gli esperti, hanno davanti un nuovo anno positivo. Nel 2022 le materie prime sono state fra le massime protagoniste. Alcune, a causa della guerra in Ucraina, sono state fra le poche componenti di portafoglio ad aver segnato dei rialzi. Tuttavia l’entrata in scena del superdollaro ha gradualmente colpito le commodity, che sono in larga parte scambiate tramite la valuta americana ed essa inversamente correlate. L’indice delle Core commodity Crb, tuttavia, è fra i pochi a rimanere (attorno a metà novembre) in territorio ampiamente positivo dall’inizio dell’anno – anche se con un deciso ribasso rispetto al picco di giugno. “Tale spossatezza è stata attenuata, da un lato, dall’offerta, resa più rigida da oltre un decennio di bassi investimenti, nonché dalle continue interruzioni dovute a guerre e condizioni meteorologiche”, ha dichiarato a We Wealth il market analyst di eToro, Gabriel Debach. “Con un dollaro ora troppo dominante”, ha aggiunto, “un’eventuale discesa del biglietto verde rappresenta un volano per le quotazioni delle materie prime: ciò può rappresentare la vera differenza per il 2023”.

Oro che luccica?

In particolare, come reagirà l’oro? “Per prima cosa bisogna prevedere quali saranno le prossime mosse della Federal Reserve in politica monetaria per avere un’idea sulla forza del dollaro. La correlazione negli ultimi mesi è stata quasi pari a -0,90, ovvero a un marcato rialzo del dollaro corrispondeva un pesante ribasso delle quotazioni dell’oro”, ha dichiarato a We Wealth Filippo Diodovich, senior market strategist IG Italia, “le nostre previsioni sulle mosse della Federal Reserve per il 2023 sono fissate per un rialzo moderato dei tassi di interesse almeno fino a metà anno quando raggiungeranno circa il livello del 5% per poi possibilmente diminuire.

Le quotazioni dell’oro potrebbero, quindi, tornare a crescere soprattutto nella seconda metà dell’anno e recuperare gran parte delle perdite evidenziate tra marzo e ottobre del 2021. Stesso discorso anche per l’argento che ha un andamento molto simile all’oro”. Sostanzialmente rialzista anche il consulente e fondatore di Dld Capital Scf, Edoardo Fusco Femiano, che concorda sul fatto che la debolezza dei metalli preziosi sia dovuta al superdollaro e che, sulla base di un’analisi storica, dovrebbero beneficiare del contesto di alta inflazione, “basti pensare che l’oro, nel periodo 1973 – 1981, si è apprezzato di circa il 585% e, nel periodo 2001 – 2012, di oltre il 600%. Ovviamente, questi rally avvengono in presenza di alta volatilità”, da considerare nella messa a punto del portafoglio. L’analista di eToro, Gabriel Debach, fra i possibili fattori favorevoli, in aggiunta a quelli fin qui citati, ha ricordato anche “la decisa domanda all’interno del settore dei gioielli e l’evoluzione asiatica con India e Cina in testa, a rappresentare un importante volano nelle quotazioni” del metallo giallo: “sarà pertanto fondamentale continuare ad assistere alle prossime decisioni cinesi in tema di Covid-19”.

Materie prime energetiche

Quanto alle commodity energetiche e industriali, “fino al 2020 venivamo da oltre un decennio nel quale le materie prime industriali, al pari di quelle agricole, avevano fondamentalmente distrutto valore sui portafogli, sia per le performance negative che per la loro volatilità. Dal 2021 questa dinamica si è invertita”, ha affermato Fusco Femiano, Volendo allargare lo sguardo sul piano storico, dobbiamo ricordare che in periodi di alta inflazione le commodities industriali hanno generato rendimenti importanti, spesso a fronte di un mercato azionario nel debole”, ha proseguito il consulente, per il quale “nel prossimo futuro, potremmo assistere al permanere di una sovraperformance delle commodity rispetto all’azionario”.

Per quanto riguarda il petrolio, la visione di IG Italia rimane “neutrale”, considerando che eventuali cali della domanda dovrebbero essere equilibrati dai paesi del cartello Opec+ con ulteriori tagli della produzione. “Sarà determinante valutare le possibilità di crescita dei Paesi importatori di greggio per misurare la domanda globale”, ha affermato Diodovich e “l’aumento delle attese su una probabile recessione economica di molti paesi occidentali ha spinto le quotazioni del petrolio a scendere anche in area 75 dollari al barile a fine settembre”. Più rialzista la visione di Debach, per il quale l’attenzione si sposterà su fattori come la ricostruzione delle riserve strategiche Usa, ai minimi di 38 anni. L’embargo imposto dall’Europa il 5 dicembre sulle importazioni di petrolio dalla Russia la porterà a cercare 1,5 miliardi di barili di prodotto altrove. Infine, la partita sul gas naturale. “Una volta risolto il rischio di questo inverno, ci si potrebbe auspicare fondamentali più morbidi in grado di riportare la curva in contango”, ha affermato Debach, per il quale “resta tuttavia presente il rischio gas europeo, con gli Usa che hanno sopperito alla minore fornitura di gas russo con l’offerta Gnl, raddoppiando le vendite in Ue, con una quota del 44% sul totale di acquisti nei primi nove mesi del 2022. Vista una possibile ripresa della domanda asiatica e con lo scandalo degli acquisti europei di Gnl russo, aumentati del 46% da inizio anno e di difficile riproduzione nel 2023, i rischi restano maggiormente presenti”, ha affermato l’analista di eToro.

Visione rialzista sul gas, infine, anche per IG Italia, pur nella difficoltà al momento attuale di valutare le contromisure della Commissione Ue: “Crediamo che i problemi sulle forniture saranno ancora presenti e i paesi europei dovranno fare il possibile per aumentare le capacità ricettive di gas liquefatto”, ha dichiarato Diodovich, “tenendo conto delle interruzioni nella catena distributiva legate alle sanzioni alla Russia crediamo che i prezzi torneranno a salire notevolmente con il peggioramento delle condizioni meteorologiche”.

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