Il metallo prezioso e le monete virtuali ai massimi storici durante la pandemia – La sfiducia nelle istituzioni alla base del loro successo – 17 ottobre 2021

Apparentemente non potrebbe esserci nulla di più distante. L’uno è il metallo prezioso per eccellenza e vanta una storia millenaria come bene di scambio, complice anche la sua bellezza materiale. Le altre, invece, esistono da appena un decennio e sono l’emblema della virtualità e della volatilità. Eppure, l’oro e le criptovalute hanno diversi tratti in comune. A cominciare dal successo durante la crisi pandemica.

Nell’estate del 2020, infatti, la quotazione dell’oro è cresciuta fino a toccare il record di 2’073 dollari l’oncia a inizio agosto: il massimo di sempre. Come ha documentato la RSI, la crisi sanitaria e i primi lockdown hanno portato anche a un aumento di richieste agli sportelli dei “compro oro“. Nei mesi successivi, il valore si è un po’ abbassato, ma ancora oggi resta su livelli storici alti.

Parallelamente, il prezzo delle monete virtuali è iniziato a lievitare nell’autunno del 2020, per poi segnare un’impennata nel 2021: il Bitcoin ha toccato per la prima volta i 40’000 dollari a gennaio e ad aprile ha sfondato la soglia dei 64’000 – un picco sorprendente se si pensa che quando è stato lanciato, nel 2009, valeva quasi zero.

“Sia l’oro, sia le criptovalute sono visti come beni rifugio. Così, quando accade qualcosa a livello geopolitico oppure arriva una crisi pandemica come quella che stiamo vivendo, le persone tendono a cercare questo tipo di beni che ritengono siano sicuri”, spiega Charles Larkin, professore dell’Istituto di ricerca politica di Bath, in Inghilterra, che ha analizzato gli effetti del Covid-19 sui mercati finanziari.

Ad accomunare il metallo giallo ai Bitcoin, Litecoin, Ethereum, ecc. è il loro essere “sconnessi dai Governi”, osserva Larkin. Oro e criptovalute non dipendono da nessuna banca centrale e non hanno bandiere. Le monete virtuali si autogovernano in base alla tecnologia blockchain, mentre l’oro è regolamentato da un’organizzazione professionale basata a Londra (LBMA, London Bullion Market Association). Il loro successo, dunque, può essere letto come un riflesso della crisi di sfiducia nelle istituzioni classiche che stiamo vivendo.

“Se si guarda alla storia, durante le guerre mondiali succedeva che le persone pagavano con l’oro. In quei periodi, nessuno credeva nei Governi. – afferma Larkin – Le criptovalute funzionano allo stesso modo perché c’è una mancanza di fiducia. Non a caso, la loro nascita coincide con la crisi finanziaria globale, che ha minato profondamente la credibilità di Governi, ministeri delle finanze e banche centrali”.

I giovani preferiscono le criptovalute

Anche se le ragioni sono simili, gli investitori però sono diversi. A cercare le monete virtuali sono soprattutto i giovani, mentre gli investitori dell’oro sono tendenzialmente più anziani. A confermarlo è Nicky Shiels, a capo della strategia del metalli di MKS PAMP GROUP, di cui fa parte la raffineria di Castel San Pietro, in Ticino. “L’oro ha un curriculum di 5’000 anni come bene rifugio tradizionale, ma allo stesso tempo le giovani generazioni sono sempre più tecnologiche e sono focalizzate soprattutto sulle criptovalute e sugli asset digitali, cosa che credo abbia un po’ eroso il fascino dell’oro”, spiega l’esperta.

Tuttavia, l’evoluzione delle monete virtuali nei prossimi anni è una vera incognita. Recentemente, la Cina ha dichiarato illegali le transazioni in criptovalute, adducendo come motivazione “il pericolo per la sicurezza dei beni delle persone”. Ma secondo Charles Larkin, una delle vere ragioni è lo sviluppo e il futuro lancio di una moneta digitale collegata alla banca centrale cinese. Anche altri Paesi hanno allo studio dei progetti di monete virtuali ufficiali (la Banca centrale europea ha lanciato il progetto “digital euro”, mentre la Banca nazionale svizzera ha esplorato le possibilità tecniche e teoriche per la creazione di un franco digitale).

In futuro, quindi, le criptovalute private potrebbero essere soppiantate dalle monete virtuale emesse dagli Stati, che delle prime conserverebbero la versatilità, garantendo maggiore sicurezza e stabilità, o – a seconda dei punti di vista – meno libertà.

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