NEW YORK – La decisa ripresa del prezzo dell’oro di questi giorni (+2.19% in una settimana e +2.56% in un mese), che attesta il metallo giallo a un “break level” oltre la soglia dei 1700 dollari, non è affatto ingiustificata da un punto di vista reale. Sarebbero infatti le banche centrali di tutto il mondo ad accumulare in queste ore riserve auree a un ritmo frenetico, «come non si vedeva da 55 anni (dal 1967, ndr), quando il dollaro americano era ancora sostenuto dall’oro», rileva il sito web di materie prime ed energia, oilprice.com.
Le banche “a caccia” – Le banche centrali “ufficialmente” più intraprendenti nella nuova caccia all’oro sarebbero quelle di Turchia (+31 tonnellate nel terzo trimestre), Uzbekistan (+26 tonnellate), India (+17) e Qatar (+15). Perse invece le tracce riguardo i possibili acquirenti delle restanti 317 tonnellate circa. Sospettati degli acquisti “fantasma” sarebbero – come ha riportato il Sole 24 Ore – Cina e Russia.
In fatto di riserve auree sono però altri i paesi “paperoni” stando ai dati 2022; su tutti la banca centrale degli Stati Uniti, che detiene oltre ottomila tonnellate di lingotti, seguita da Germania (3300 circa) e dalla sorprendente Italia (2452 ton). La Svizzera? È settima al mondo con un tesoretto di oltre 1,000 tonnellate (fonte World Gold Council).
Cresce anche la domanda al dettaglio – Ma non sarebbero solo gli Stati a voler rinforzare i propri caveau perché, sempre secondo quanto reso noto dal WGC, anche la domanda al dettaglio da parte di gioiellieri e acquirenti di lingotti e monete d’oro è tornata a risplendere, tanto che la domanda mondiale di oro è stata di 1.181 tonnellate nel terzo trimestre, una crescita positiva del +28% rispetto allo stesso periodo all’anno passato.
Insomma, sembrerebbe ancora una volta l’oro la medicina più gettonata contro il “virus” dell’inflazione e le turbolenze di questi ultimi mesi.
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