IL CASO
Premessa
In ambito di contratto di assicurazione della responsabilità civile verso terzi di un’impresa edile o di installazione è comunemente presente una condizione di esclusione che rende insicure molte affermazioni e decisioni degli addetti ai lavori. Si tratta dell’esclusione denominata: “Danni alle cose direttamente oggetto dei lavori”.
Perché
Va innanzitutto chiarito che detta esclusione (sempre prevista) è posta dall’assicuratore non tanto per eliminare la propria obbligazione per il timore di un’eccessiva rischiosità, ma per voler evitare di affrontare gli effetti dell’incapacità ad eseguire il lavoro che si sta realizzando.
Semplificando si può affermare che colui che non è capace di eseguire un determinato lavoro non può trasferire questa sua incapacità al sistema assicurativo; della serie: io ci provo, se poi va male c’è sempre l’assicurazione.
Come
In verità le clausole che esprimono questo genere di esclusione sono due: nella prima si fa riferimento all’esclusione delle cose sulle quali si eseguono i lavori, mentre la seconda si esprime con riferimento alle cose sulle quali si eseguono “direttamente” i lavori. Appare subito evidente come la seconda clausola riduca gli effetti dell’esclusione, andando a colpire solo le cose direttamente interessate al lavoro.
Va fatto rilevare che ci stiamo riferendo all’evento che viene prodotto e che si manifesta nel momento stesso in cui avviene la lavorazione. L’evento che avviene durante la fase lavorativa, ma che manifesta il danno in una fase successiva alla conclusione dei lavori stessi, è invece riconducibile ad un danno cosiddetto postumo, che trova per contro specifiche risposte in soluzioni assicurative con condizioni aggiuntive riservate se non addirittura con tipologie di polizza dedicata come la polizza postuma decennale e la polizza garanzia di fornitura o polizza rimpiazzo opere.
Detto di questa separazione tra danno diretto e danno postumo, esaminiamo come il danno diretto trovi espressione nella copertura delle garanzie della responsabilità civile, ferma però l’esclusione dei danni alle parti della cosa direttamente oggetto dei lavori stessi.
Risposte
Questa formulazione risulta di facile comprensione, ma trova un grave limite nella genericità della delimitazione delle cose direttamente oggetto dei lavori rispetto al più ampio contesto lavorativo in cui questo intervento viene eseguito.
Esempio
Sto posando una guaina sul tetto di una casa e si sprigiona un incendio che, sviluppatosi, danneggia parte del tetto: il tetto è la cosa “direttamente” interessata all’esecuzione dei lavori o per “direttamente” mi posso riferire solo al punto in cui stavo utilizzando la fiamma per la posa? In molti hanno tentato di dare una propria interpretazione puramente esemplificativa, con la pretesa di voler instaurare un metro per una valutazione a cui uniformare ogni altro caso al fine di poter ottenere un principio generale di applicazione della clausola. La giusta pretesa degli assicurati di avere una chiara, oggettiva e misurabile visione di quello che è l’ambito della copertura del rischio trasferito incontra però in questo caso un blocco a mio avviso insormontabile.
Caso per caso
Ritengo infatti che gli sforzi in questa direzione saranno resi vani dalla necessità di dover invece applicare un principio di verifica caso per caso, attività per attività, per arrivare ogni volta a stabilire quale sia il confine tra danno ammesso (danno alla cosa su cui si esegue il lavoro) e danno escluso (danno alle parti direttamente oggetto dei lavori). Non deve sorprendere né deludere questa affermazione, in quanto questa indeterminatezza la possiamo ben rilevare in diverse altre condizioni di polizza della responsabilità civile riguardanti anch’esse da vicino l’esecuzione dei lavori. Come non evidenziare la genericità della delimitazione spaziale del cosiddetto ambito di esecuzione dei lavori, per non parlare della qualità delle opere approntate dall’assicurato per mettere in sicurezza le cose di terzi da eventuali rischi di bagnamento.
Il problema
Un problema nel problema è rappresentato dall’impossibilità per l’intermediario di fornire al contraente/assicurato la misura della portata della copertura, atteso che detta copertura potrebbe essere rilevabile solo in presenza di una demarcazione quanto più possibile oggettiva. In presenza delle siffatte condizioni, la cui operatività della copertura troverà riscontro positivo o meno solo dall’esame di ogni singolo caso, porta alla luce la genericità del rischio trasferito.
Un rimedio
Le polizze denominate C.A.R. ed E.A.R. consentono, se derogato nella sezione prima, in caso di esclusione dei danni cagionati dall’assicurato con colpa grave, di comprendere anche il danno all’opera tout court senza la imprecisata e generica limitazione riguardante le cose non direttamente oggetto dei lavori. Tuttavia dette polizze non sono applicabili ai tutti i rischi di lavorazione, ma solo all’esecuzione di lavori edili e di installazione di impianti.
Contro profferente
Resta sempre applicabile il principio dell’interpretazione contro il profferente, ex articolo 1370 del codice civile, quale ultimo rifugio per dirimere controversie legate all’interpretazione delle condizioni di assicurazione.
Autore: Michele Borsoi – ASSINEWS 344
FONTE: